
ANNA ANZELLOTTI
Poesie da La Sabbia che dalle mani scivola
La sabbia che dalle mani scivola
Incerto il mio viaggiare,
incerte le vele.
Incerto il mare
e il clemente o inclemente
volere del cielo.
Incerto questo timone
ed i suoi giri.
Incerta questa coperta
che tengo addosso,
la tua.
Certe le sponde,
l'approdo,
il porto.
Certa la sabbia
che dalle mani scivola.
Ho girato il mondo (opera inserita nell'Antologia "Il Federiciano", 2012 - libro blu - Aletti Editore)
Ho girato il mondo
cercando ciò che ho perduto.
In ogni vicolo,
su ogni gradino ho sostato in affanno
per scorgere il volto di ciò che avevo perduto.
Ma grande è la lezione del mondo
e della vita che vi scorre lenta,
perchè nel mondo ho trovato
ciò che mai avevo avuto.
Arrivi tu (opera segnalata al Premio Letterario Nazionale "Tonia Giansante", 2013)
Arrivi tu
e tutto cessa
e tutto ha inizio.
Ed è perfetto questo angolo di mondo sottratto agli dei,
perfetta è la ruota
dove girare era affanno,
perfetto il suono,
il battito.
Arrivi tu
a placare burrasche,
a colmare il bicchiere,
con misura e con l’eccesso
folle, divino.
Arrivi
ed è pieno il deserto
di cavalli sellati.
Pieno è lo sguardo
colmo d’orizzonte,
di terra che attende il passo che calpesta,
percorre,
segna.
Arrivi tu
ed è ricomposto il tutto informe,
decifrato è il codice,
svelato il fine ultimo,
aperto l’infinito.
Liberi (Diploma d'Onore Premio di Poesia "Candia Il Gioiello" 2012)
Liberi,
siamo liberi.
Liberi di non sentire più nulla,
di non averci addosso,
di raccontarci favole
a cui dobbiamo credere.
Eppure sono sbarre quelle che vedo davanti al futuro,
davanti ai sogni,
sbarre tra me e il mondo
che mi viene addosso, contromano.
Eppure non ha odore questa libertà,
non l’odore del mare
né del pane appena sfornato,
non quello del tiglio, neppure del mirto.
Manca di sapore questa libertà,
non è quello del vino
né del basilico fresco,
non è neppure cioccolata.
Non c’è spessore in questa libertà,
ma la libertà è leggerezza,
dicono,
una leggerezza tutta da imparare.
Liberi,
siamo liberi.
Che sbarre ha la tua libertà?
Quale prezzo la leggerezza da imparare?
Che odore ha la tua libertà?
Sa di pioggia? O è siccità che ti secca la gola?
Liberi,
siamo liberi.
Liberi di guardare le nostre mani
vuote.
Occhi per guardare attraverso (segnalazione di merito della giuria al Concorso di Poesia "Tracce Per La Meta", 2014 - opera inserita in Antologia Collana Arancione n. 128)
Mani bianche incrociate da estranei
a stringere i sacri anelli
dell’umana disperazione o speranza.
Questo è tutto.
Questo - Ti chiedo – è tutto?
È tutto in quelle nocche
incrociate
che carezze hanno dato
e che più non prendono?
Sigillati per sempre sono gli amori,
i baci dati e non dati,
le albe e i tramonti?
Sigillata è la bocca?
Questo Ti chiedo,
rispondi.
Fa' che a dirlo sia l’albero frondoso
o gli occhi del bimbo
o la saggezza della vetusta età
che a mani incrociate anch’ella s’appresta.
Fa' ch’io possa scorgere
il segnale di questa risposta nel mondo,
ch’io abbia occhi per vedere ciò che ora non vedo
e orecchie per udire ciò che ora non odo.
Donami tempo per capire,
per guardare e vedere ciò che è aperto e che è chiuso,
ciò che ha nome
e ciò che nome non ha.
Questo ti chiedo:
fa' ch’io abbia occhi
per guardare attraverso.
Tra la terra e il cielo (opera vincitrice del Secondo Premio Letterario Nazionale "Tracce Per La Meta", 2014)
Che tu possa avere la forza del vento
che sparge e attraversa,
scompiglia e muta.
Tuo possa essere il fiero volo dell’aquila,
quel veleggiare composto
in semicerchi ampi.
E, dell’aquila, possa tu avere la vista.
Che tu possa avere l’umiltà della terra
che accoglie ed attende
e, cento volte, restituisce il dono.
Possa tu vivere con la costanza dell’albero
di una quieta grandezza,
mutando i colori.
E, dell’albero, possa tu avere le salde radici.
Sii l’aquilone, nel volo ostinato,
in equilibrio perfetto
tra la terra e il cielo.
Per te, lontano dagli occhi,
nel silenzio di un’alba perfetta,
lasciata andare la corda,
mai smetteremo di soffiare col vento.
A Kiko 16.06.2013
Senza Aratro (opera vincitrice del Secondo Premio Letterario Nazionale Contemporanea 2014 – Alexandria Scriptori Festival)
Noi,
che una lettera è solo quella dell’alfabeto,
che il francobollo è un antenato,
che una pagina di carta ci affatica.
Noi,
che la foto stampata è un cimelio con i nonni,
che il quotidiano non ha più odore,
non macchia più le dita.
Noi,
che se sei sveglio lo sappiamo da whats’app,
che lasciamo a facebook le chiavi di casa sotto lo zerbino,
che in una sim c’è tutto ciò che siamo e che sappiamo.
Noi,
che il battito del cuore è solo un vibracall,
e un bacio della buonanotte è un grasso emoticon,
un decapitato che non ti sfiora il viso, che non ti scalda il collo.
Noi,
che ci nascondiamo dietro un occhiale che non serve,
che se ci trema la voce è solo per il mal di gola,
che un altare è solo per un matrimonio o un funerale.
Noi,
che uno è poco e due è già troppo,
che un compagno per la vita è un invasore,
che il per sempre è un lucchetto che arrugginisce sopra un ponte.
Noi,
che ci dividiamo i figli nei weekend,
che portiamo a spasso i cani invece dei bambini,
che grandi è a cinquant’anni.
Noi,
che la pelle è un foglio che un ago imbratta,
che non sappiamo un numero a memoria,
che a calcio ci giochiamo con il joystick.
Noi,
che non abbiamo più segreti e fantasia,
né promesse da mantenere,
né sogni da sognare.
Noi,
che questo paese ci è stato presentato ad una festa,
che ora abbiamo gli avanzi di un banchetto,
la sala da pulire.
Noi,
che l’inno nazionale è solo alla partita,
che un lavoro dura come una vacanza
e una vacanza stanca più d’un lavoro.
Noi,
che non possiamo scegliere,
che scegliamo di non scegliere,
che, se gridiamo in piazza, è solo ad un concerto.
Noi,
che non ci conoscete,
che non ci conosciamo,
siamo figli vostri.
Siamo i figli che avete abbandonato, in un campo, senza aratro.
L'Alba di un nuovo giorno (opera vincitrice del Secondo Premio Letterario Nazionale "I Segreti dell'animo", 2014)
È l'alba di un nuovo giorno
quella che mi tinge gli occhi,
mentre tutto cambia
e non ancora lo so.
È una tavolozza di colori,
una pagina bianca,
un regalo scontato
che troppe volte non scarto.
Se allungassi la mano
potrei prendere il verde
e sdraiata sul mondo
fermarmi a guardarlo,
potrei aprire gli orecchi
curiosa ed attenta,
consumare lo sguardo
sulle meraviglie di Dio.
Se solo volessi
potrei prendere il rosso
e fermarmi ad amare
fino a perdere il fiato,
potrei dire le cose
che taccio da sempre,
accarezzare i pensieri
fino a farli parlare.
Potrei usare il marrone
per impastare una terra
che mi sostenga salda
e porti il mio nome,
potrei dirle sta ferma
o muoviti e trema
quando t'accorgi
che non sono più io.
Potrei afferrare l'azzurro
e stemperare i pensieri,
sollevare lontano
le cure e gli affanni,
potrei tingere il mondo
e farlo girare,
correrci sopra,
imparare a volare.
È l'alba di un nuovo giorno
quella che mi viene incontro,
mi siedo e la scarto:
è un regalo per me.
Manichini affamati di wurstel
Donne appese a uomini stanchi,
braccia al collo a far da catena ad appendiabiti di legno.
Dove s’è nascosto colui che move il sole e l’altre stelle?
Dove il languore?
Dove il palpito?
Uomini al guinzaglio, a tratti dolce, di mani arpie,
di sagome imbellettate per dare una ragione al sabato.
Dove s’è nascosto colui che ha il latrato di un alsaziano a dieta?
Dove l’infinito?
Dove l’attesa?
Ore stanche, consumate a portare a passeggio i silenzi
coi passi lenti dei condannati a morte.
Dov’è il per sempre?
Dove l’attimo eterno?
Dove ti sei nascosto Amore?
Sei nei tombini per non farti trovare
da questi scellerati manichini senz’anima?
Non serve nascondersi, non ti troverebbero,
neppure se indossassi il tuo sorriso migliore.
Troppo ciechi essi sono, non ti troverebbero,
neppure se in smoking, stasera,
offrissi loro una luna d’argento.
Di sbadigli senza sguardo è fatta la sera di costoro,
affollata di faccende rinviabili e inutili.
Nasconditi, non c’è posto per te.
Essi ignorano lo sguardo fisso, incollato su un volto,
la musica nel cuore, la testa leggera, l’odore dell’attesa.
Pizze di gomma li attendono, formato famiglia,
per ventri che non hanno farfalle.
Pizze di gomma, masticate da mascelle stanche,
in un locale affollato
di manichini affamati di wurstel.
Ti guardo passare
Ti guardo passare,
mescolare le carte.
Vorrei meritarti,
vorrei non temerti.
Diverse per tutti
sono le ore.
Lente, quelle dei giovani,
onnipotenti e inconsapevoli,
noncuranti di ogni lancetta,
di ogni giro.
Scorrono silenziose, riguardose,
un sottofondo silente
che non disturba il passo,
che non chiede il conto.
Lasciano che il solo rumore che s'oda
sia quello del passo gigante
del giovane uomo,
della giovane donna.
Più veloci delle lancette
sono le gambe di costoro,
più veloce è la parola,
il pensiero.
Affretta, invece, il passo
la lancetta dell'uomo e della donna maturi.
T'insegue,
è sempre alle calcagna.
Ti ricorda che è dietro,
ti punzecchia nei fianchi.
Ti spinge innanzi,
sovente è molesta.
Ti presenta il conto,
ti sfianca a domande.
Ti ricorda chi sei,
ti chiede chi sei.
Ti sveglia di notte,
si gira di scatto.
È una corsa a due
e tu vuoi vincere.
È una corsa a ostacoli
e devi vincere.
È un tiranno, infine, il tempo,
alla vetusta età.
T'appare grosso e minaccioso,
è il mare d'inverno.
È sempre innanzi,
lo rincorri in affanno.
Lo ringrazi e lo temi,
gli sorridi e hai paura,
paura che scappi,
che ti sfugga di mano.
Ti guarda dall'alto,
dei tuoi giorni è il tiranno.
Secca la gola,
attutisce i pensieri.
Non t'è compagno,
t'accompagna.
Non segna nulla
che tu non sappia già.
In uno spazio atemporale se la ridono i bimbi,
creature in equilibrio perfetto tra la terra e il cielo.
I tuoi occhi
Mi piace, la mattina presto,
dopo che l'alba ha ridestato il mondo,
immaginare i tuoi occhi.
Lo faccio, con l'odore del caffè,
mentre la luce mi disegna un rivolo di nostalgia,
proprio sul naso e sulle gote.
Mi chiedo che abito indossino,
se quello rosso della festa
o quello grigio dei giorni di pioggia.
Se indugiano un poco
o hanno il piglio deciso di chi va
senza voltarsi indietro.
Li immagino, persi nel traffico, i tuoi occhi intelligenti,
e quelle ciglia attente sempre un po' scontrose.
Mi sembra di vederla: la tua saracinesca sul mondo!
L'abbassi oggi? Non vuoi guardare?
O l'alzi e la spalanchi al sole?
S’apriranno alla meraviglia, oggi, i tuoi occhi?
Dura a lungo la mia colazione,
c’è cibo in abbondanza,
mangio di gusto e immagino i tuoi occhi.
Se faranno fatica a concedersi,
a lasciarsi guardare,
o se andranno incontro al mondo vispi e curiosi.
Mi chiedo se danzeranno col vento
o aspetteranno domani, il domani.
Se si tireranno indietro e vorranno stare soli
o si concederanno, anche solo per inerzia.
Simuleranno l'allegria oggi i tuoi occhi?
O sarà vera gioia?
A me piace immaginarli in festa
coi colori della primavera.
Hanno il colore delle piante, i tuoi occhi,
di quelle che non spezza il vento.
Dove si posano ora?
Che musica ascoltano?
Cosa cucineranno oggi i tuoi occhi?
Sarà veloce il loro pasto?
O si consumerà lento e cadenzato,
come il rituale della vita?
Saranno indulgenti, persino accomodanti?
O chiederanno quel che avere non si può?
Ameranno i tuoi occhi?
Amano ancora?
La lontananza, sai, non è come il vento,
è come il gelo,
che ghiaccia la neve
e non la scioglie il sole.
La più bella cosa
La sola cosa che ho avuto da te
è il pensiero,
costante,
che sento sul collo come fiato,
non a braccare
bensì a scaldare,
una fiaccola d’amore
che mai si spegne.
La sola cosa che porto addosso di te
sono gli occhi,
a penetrarmi la carne,
non come spine e pallottole
bensì come laser
che cura e guarisce,
come manto che porti addosso
per coprirti dalle brutture degli umani.
Il solo posto che ho abitato con te
sono i mille crocevia di mille strade,
nessuna percorsa.
Tu ed io,
senza dircelo,
fermi in silenzio a guardare
nella stessa direzione
le infinite possibilità negate.
La sola cosa che so di te
è che è in te che sono,
è in me che sei,
tutti i giorni di sole e di pioggia,
col nero e col bianco,
nel respiro e nel battito,
sempre,
in un calendario di giorni affollati e deserti.
E quando lo scordo
è perché non vivo,
è perché mi sono seduta un istante
per provare a giocare a morire.
La sola cosa che mi rimane di te
è la più bella cosa che abbia avuto mai
perché è quello che a realtà
non è dato sporcare.
Quello che ho avuto da te
come vedi è tutto.
Questo, almeno, permettimi:
lascia che io sia
il tuo sguardo più bello,
il tuo gesto migliore,
le parole che scegli
per raccontarti l’Amore.
In quest'autunno di Monet
Sonnecchia la città
questa domenica pomeriggio d’autunno.
Sonnecchiano gli alberi
coi colori mozzafiato
ad annunciare mutamenti.
Un nuovo monumento è sorto in un larghetto
d’aiuole profumate e belle,
ordinate,
proprio come a rendere un omaggio,
un tributo.
Hanno asfaltato di fresco
la strada che porta alla chiesa.
Lunghi filari d’alberi
hanno piantato
sulla via che conduce alla scuola.
Domani ripartirà
assordante
la forte operosità del mondo.
Veloci le formiche,
lente le cicale.
I nostri bimbi usciranno da scuola
grandi, forti,
come quegli alberi
che s’apprestano a innalzarsi
dritti e maestosi.
Se potessi vederlo,
vedere il tuo sguardo nel suo!
Se potessimo guardarlo insieme,
guardarci ancora,
tu in me, io in lui!
È cresciuto quel piccolo neo che ha sul naso,
domina la scena
del suo viso furbetto,
si staglia al centro, come un imperativo,
grida carattere, temperamento.
Lui li aspetta
come s’aspetta il sole,
orgoglioso,
innamorato,
perché è in loro che sei.
Se potessi vedere, ancora,
quanto bello è il mondo
che corre veloce e poi sosta
defilato
dinanzi al sole!
Se potessi vedere
i giovani, caldi nei jeans,
innamorati davanti a una scuola,
baciarsi padroni del mondo
in quest’autunno di Monet!
Se potessi sentire
l’odore delle foglie,
il lento staccarsi
secondo la legge della vita
e della morte!
Se solo sapessi arrendermi
a questa terribile legge che t’ha presa,
che mi prenderà,
che si prenderà quel neo
e la mia penna, e tutto!
Se solo potessi infrangerla,
questa legge,
io, che le infrango spesso!
Befferei giustizia
perché mai ci sarebbe pena.
È vita
Lascia che piova,
ci salveremo.
Sul nostro monte è già pronta la mia arca.
Intere notti e interi giorni hanno lavorato queste mani,
senza posa,
il fiero legno del faggio.
Tu
Io
Un pennello
I colori
L’acqua
Un disco
Tanta cioccolata
Non abbiamo bisogno d’altro.